"La Cenerentola" di Gioachino Rossini: dal 20 al 27 settembre 2024
La prima opera lirica della ripresa autunnale del Teatro del Maggio.
Torna in programmazione a partire dal 20 settembre “La cenerentola”, di Gioachino Rossini.
Sul podio Gianluca Capuano, la regia è di Manu Lalli.
Quattro recite complessive. 20, 22 alle ore 15.30, 24 e 27 settembre
La prova generale del 17 settembre alle ore 20 è aperta al giovane pubblico fino ai 30 anni, grazie a Unicoop Firenze
Firenze 17 settembre 2024 – Il Teatro del Maggio riprende la programmazione operistica con La cenerentola, ossia la bontà in trionfo, di Gioachino Rossini. La prima è in cartellone il 20 settembre alle ore 20 e le repliche il 22 ( alle ore 15.30), poi il 24 e 27 settembre alle ore 20. Sul Podio dell’Orchestra e del Coro del Maggio, Gianluca Capuano. La regia è di Manu Lalli. Il direttore del Coro è Lorenzo Fratini. Nella parte di Cenerentola/Angelina, il mezzosoprano Teresa Iervolino, con lei Patrick Kabongo (Don Ramiro), William Hernandez (Dandini), Marco Filippo Romano (Don Magnifico), Maria Laura Iacobellis (Clorinda), Aleksandra Meteleva (Tisbe), Matteo D’Apolito (Alidoro). La prova generale del 17 settembre alle ore 20 grazie a Unicoop Firenze è aperta gratuitamente al pubblico di giovani fino ai 30 anni.
L’allestimento, l’ultima volta visto al Maggio nel 2018 per le celebrazioni del 150enario dalla morte del Compositore, nasce dalla messa in scena ridotta del 2017 ideata per il pubblico dei giovani e giovanissimi, sempre di Manu Lalli per Venti Lucenti, e poi ampliato per “i grandi” ancora nel giugno 2017 a Palazzo Pitti. Nella versione di Lalli piena di spirito e fascino, si ricompongono con efficacia narrativa molti dei tratti favolistici della trama liberamente tratta da Perrault e che Rossini aveva tuttavia messo in secondo piano a favore invece di elementi comici e realistici. Si giova delle magnifiche scene dipinte e gli elementi architettonici di Roberta Lazzeri e dai costumi fantasiosi ed eloquenti di Gianna Poli. Le luci sono di Vincenzo Apicella, riprese da Valerio Tiberi. A sottolineare i tratti fiabeschi inoltre non mancano grazie a Manu Lalli le fate che danzano, la pioggia di stelline brillanti e la zucca che si trasformerà in carrozza per portare Angelina alla festa dove incontrerà il principe. Nella fiaba rossiniana la matrigna è sostituita dallo spassosissimo don Magnifico, “intendente dei bicchier e presidente al vendemmiar”; Cenerentola non perde la scarpetta, ma è il furbo Alidoro a organizzare la festa che le farà incontrare il principe, inscenando un falso incidente per permettere a lei di essere riconosciuta. Il lieto fine è assicurato, con una punta di malizia, dalla novella sposa che rivolgendosi al patrigno e alle sorellastre canta “sarà mia vendetta il lor perdono”.
Il direttore Gianluca Capuano, premio Abbiati come miglior direttore del 2022, nel 2017 diresse nel corso dell’80esimo Festival del Maggio, Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart con la regia di Damiano Michieletto messa in scena al Teatro Manzoni di Pistoia e più recentemente, nell’ottobre 2022, Alcina di Georg Friedrich Händel, ancora con la regia di Michieletto e sul podio di “Les Musiciens du Prince” con Cecilia Bartoli come protagonista, torna ora al Maggio cimentandosi con Rossini e con Cenerentola, compositore e opera a lui molto congeniali e che ha diretto frequentemente nella sua carriera.
Nel cast, torna come protagonista Teresa Iervolino una dei più importanti mezzosoprano della scena internazionale e una delle voci più acclamate e apprezzate del repertorio belcantista che già rivestì i panni di Angelina nell’edizione del 2018; Iervolino è anche presto attesa in un concerto di canto in cartellone il prossimo 29 settembre con l’Orchestra del Maggio diretta da Matteo Permeggiani. Il cast schiera poi Patrick Kabongo (Don Ramiro) tenore che ha mosso i suoi primi passi all’Accademia del Maggio e ora è impegnato in una importante carriera tutta in ascesa; William Hernandez dà voce alla verve e alla simpatia di Dandini, anche lui “sfornato” dall’Accademia. Il celebre baritono, considerato un vero riferimento per questa parte, Marco Filippo Romano (già presente nel cast del 2017) interpreta Don Magnifico e recentemente è stato Don Pasquale nell’allestimendo di Jonathan Miller dell’opera donizettiana lo scorso mese di marzo 2024. Le due sorellastre acide, esuberanti e dispettose di Angelina sono Maria Laura Iacobellis che interpreta Clorinda e Aleksandra Meteleva, ora tra i talenti “residenti” dell’Accademia che sostiene la parte di Tisbe. Il basso-baritono Matteo D’Apolito è Alidoro l’indubbio motore - deus ex machina in luogo della fata - della vicenda rossiniana.
Note di regia, di Manu Lalli
25 gennaio 1817, Roma, debutta al Teatro Valle La Cenerentola del maestro Rossini. Gioachino in quel periodo è nel pieno della sua carriera, osannato in tutta Europa, amato dalle donne e richiesto nei salotti borghesi; tutti cantano la sua musica, tutti vogliono le sue opere. Si sposta fra Napoli, Roma, Venezia, Milano. Ha un’energia inesauribile, una vivacità creativa e un genio smisurati. È diventato in pochissimo tempo, e a soli 25 anni, uno dei compositori più floridi e veloci al mondo. È “leggenda” infatti (leggenda che lo stesso Rossini non si è mai preso la briga di smentire) che La Cenerentola sia stata scritta in soli 30 giorni! Un mese per scrivere la sua opera buffa forse più popolare!!! Ma a cosa si deve tutta questa popolarità? E perché Rossini scrive proprio La Cenerentola a Roma? Stendhal e Byron sostenevano che l’opera fosse “l’oppio italiano” e che gli italiani, non potendo creare romanzi, come negli altri paesi d’Europa, a causa della censura e della repressione, si potessero dedicare solo alla musica. Ma forse si sbagliavano: l’opera proprio come il romanzo (da cui spesso trovava ispirazione) seminava idee di riscatto, criticava, accusava, contagiava con la voglia di libertà i giovani, rendeva ridicoli i potenti, banali i titoli nobiliari e i vezzi della nuova borghesia. Rossini sceglie Cenerentola assieme a Ferretti perché le autorità ecclesiastiche avevano censurato il libretto dell’opera che avrebbe dovuto scrivere. Ma non rinuncia a usare come al solito la musica come diversivo, nascondendo dentro le note temi tutt’altro che leggeri, quali invece la storia dalla quale l’opera prende ispirazione suggerirebbe. Cenerentola, infatti, è certo una fiaba (e in questa versione le suggestioni narrative della fiaba classica, sono mantenute quasi per intero, dalla fata, alla zucca), ma è anche molto di più. Rossini scrive come uomo del suo tempo e ciò che scrive, pur senza un dichiarata intenzione edificante, risponde al sentire comune del tempo nel quale l’artista vive e lavora. È la storia del desiderio di un riscatto sociale che così tanto in quel momento storico l’Italia sta vivendo. Un desiderio di libertà, ma più ancora di rivendicazione di diritti, che in tutto il paese, come in casa del cattivo Barone, patrigno di Angelina, sono stati repressi dalla stupidità e dall’ignoranza. Le malvagie sorelle e il tremendo Don Magnifico (che fa ridere proprio a causa della sua immensa stupidità) sono gretti, incivili, ignoranti, strappano pagine dei libri che Cenerentola conserva dalla biblioteca della madre, libri di un passato fatto di lettere e poesia. Una volta c’era un re proprio come nel Pinocchio di Collodi è la prima parola che Cenerentola dice all’inizio dell’opera. I suoi sogni, le sue aspettative, la sua bontà, si alimentano di libri, di fiabe, di poesie. Le fate, che guidate da Alidoro, vero deus ex machina del soggetto, la aiutano con la loro magia, scompariranno dalla sua vita quando smetterà di crederci. Il matrimonio che ella ottiene, disinteressato e basato sull’amore, è il frutto della sua bontà e della sua intelligenza e la renderà finalmente adulta. L’ingresso nel “principio di realtà” fa scomparire la magia ed è solo allora che Cenerentola si rende conto che non è stata la presenza della fata che l’ha resa libera e amata, ma la sua bontà, la sua virtù e la non scontata, e mai istintiva, capacità di perdonare.