Daniele Gatti torna al Maggio

Domenica 11 maggio alle ore 20 il maestro Daniele Gatti torna sul podio della Sala Mehta, alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio, per un appuntamento sinfonico con protagoniste le musiche di Igor Stravinskij e Sergej Prokof’ev.

Solista, come contralto, Ksenia Dudnikova.

Il concerto sarà trasmesso in diretta su Rai Radio 3

Firenze, 9 maggio 2025 -  Dopo il grande successo dei concerti del Ciclo Brahms dello scorso autunno, che hanno segnato i suoi ultimi impegni nelle vesti di direttore principale del Teatro, il maestro Daniele Gatti torna alla guida dell’Orchestra e del Coro del Maggio per un nuovo appuntamento sinfonico nell’ambito dell’87º Festival del Maggio

Ksenia Dudnikova - fra i protagonisti dell’Adriana Lecouvreur inaugurale dell’83ª edizione del Festival - è la solista della serata.

Il maestro del Coro del Maggio è Lorenzo Fratini.

Il programma del concerto, a forti tratti sovietici, è composto dalle musiche di Igor Stravinskij e Sergej Prokof’ev di cui il maestro Gatti è fra i più autorevoli interpreti a livello internazionale.

In apertura la “Sinfonia in do” di Igor Stravinskij, la cui composizione impegnò l’autore nel corso di quasi due anni: i primi due movimenti videro la luce in Francia, rispettivamente nell’autunno del 1938 e nell’estate del 1939 – in un periodo buio della vita del compositore che nel giro di pochi mesi perse la figlia, la moglie e la madre – ma fu conclusa solo l’anno seguente in America, dove il musicista realizzò il terzo e il quarto movimento.

Chiude la serata sinfonica Aleksandr Nevskij op. 78 di Sergej Prokof’ev: nel 1938 il compositore ricevette l’incarico di scrivere la colonna sonora di “Alexander Nevskij” del grande regista Sergej Ejzentejn, un film dedicato alle gesta dell’eroe medioevale che aveva guidato il popolo russo in numerose battaglie. L’anno dopo il compositore decise di estrapolare dalla colonna sonora una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra in cui riassume in maniera concisa la vicenda ma senza sacrificarne la narrazione.

Il concerto:

Igor Stravinskij
Sinfonia in do

«Questa Sinfonia, composta alla Gloria di Dio, è dedicata alla Chicago Symphony Orchestra nell’occasione del cinquantesimo anniversario della sua fondazione». Con queste parole Stravinskij congedava nell’agosto del 1940 la sua Sinfonia in do, una sinfonia nel senso classico del termine nella quale l’autore adottava forma e procedimenti tipici del genere principe della musica strumentale occidentale. La genesi dell’opera fu piuttosto travagliata e impegnò l’autore a più riprese nel corso di due anni. I primi due movimenti videro la luce in Francia, rispettivamente nell’autunno del 1938 e nell’estate del 1939, nel periodo più tragico della vita del compositore che nel giro di pochi mesi perse la figlia, la moglie e la madre. Stravinskij si gettò a capofitto nella musica e concluse l’opera l’anno seguente in America, dove realizzò il terzo e il quarto movimento. Anche se rispettosa del canone tradizionale, la Sinfonia in do rivela lo spirito innovativo del suo autore e così quegli stilemi classici che aleggiano nel primo e nel secondo movimento (i richiami a Beethoven e ad Haydn segnalati dallo stesso Stravinskij) inevitabilmente si intersecano nelle maglie di una scrittura moderna fatta di fraseggi irregolari, sfasamenti ritmici e combinazioni timbriche inusuali. Un semplice motivo di sole tre note enunciato dagli archi nel primo movimento (Moderato alla breve) è il seme da cui germoglia l’intero discorso sinfonico, una sorta di motto che servirà da collante tra primo e ultimo movimento. Il secondo tempo (Larghetto concertante) in forma tripartita mette in risalto le sonorità degli oboi con un disegno cristallino che viene turbato solo nella sezione centrale. Il terzo movimento (Allegretto) ha invece tutto l’aspetto di uno Scherzo in cui dominano ritmi di danza lanciati a tutta velocità con continui cambi di metro. Nel finale (Largo. Tempo giusto, alla breve) ricompare il motto iniziale nel serioso corale di fagotti e ottoni che salda e chiude l’opera secondo il principio della forma ciclica.

Sergej Prokof’ev
Aleksandr Nevskij op. 78

Nel 1938 Prokof’ev riceve l’incarico di scrivere la colonna sonora dell’Alexander Nevskij di Sergej Ejzentejn, film dedicato alle gloriose gesta dell’eroe medioevale che aveva guidato il popolo russo in numerose battaglie: da quella contro l’invasione mongola a quella sul fiume Neva contro gli svedesi, fino alla gloriosa vittoria sui Cavalieri Teutonici nella battaglia sul lago ghiacciato dei Ciudi. L’anno seguente il compositore decide di estrapolare dalla colonna sonora una Cantata per mezzosoprano, coro e orchestra in sette movimenti dove riassume in maniera concisa la vicenda senza sacrificarne la portata narrativa. La Cantata dall’Alexander Nevskij op. 78 diventa in breve opera di propaganda stalinista. La rievocazione di eroi del passato consente infatti di esprimere al meglio i sentimenti di patriottismo e nazionalismo, elementi comuni a molte cantate composte durante il periodo bellico, e il valore mostrato da Alexander Nevskij e dal suo esercito in battaglia diventa quindi la metafora perfetta dell’impegno richiesto al popolo russo dinanzi alla minaccia della Germania nazista. Dando libero sfogo alla propria vena lirico-narrativa, Prokof’ev adotta due stili compositivi diversi nel descrivere le armate nemiche in lotta. Se per le sezioni che vedono protagonista l’esercito tedesco, ma anche il campo di battaglia disseminato di morti dopo lo scontro, il compositore si avvale di un linguaggio aspro, dissonante e dai ritmi percussivi e meccanici, nelle sezioni dedicate ad Alexander e ai suoi uomini sceglie invece di usare canti popolari russi, melodie tonali e corali dal respiro epico, come quello che chiude solennemente la Cantata e sancisce la vittoria del popolo russo sull’invasore.